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De : Il Post
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Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.Copyright Il Post
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    Épisodes
    • Ostia, 2 novembre 1975
      Oct 10 2025
      Pier Paolo Pasolini venne ucciso 50 anni fa, nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975. Nelle stesse ore la polizia fermò un minorenne che guidava contromano una macchina rubata. Il ragazzo, Giuseppe Pelosi, confessò di aver ucciso lo scrittore per difendersi da un suo approccio sessuale violento. Venne processato e condannato; scontò la pena. In apparenza, non c’era più nulla su cui indagare. In realtà, come spiega Stefano Nazzi nella nuova puntata di Altre Indagini, nella confessione c’erano cose che non quadravano. La scena del crimine raccontava una storia più complessa. E le informazioni date negli anni successivi da diverse persone, tra cui Pelosi stesso, portavano in un’altra direzione. Quando fu ucciso, a 53 anni, Pier Paolo Pasolini era uno degli intellettuali italiani più noti e discussi. Nel corso della sua vita era stato processato 33 volte e altrettante volte assolto. Era amico di scrittori e poeti importanti, partecipava a programmi televisivi, ma frequentava anche la marginalità più povera e periferica, alla ricerca di una purezza che la società borghese dei consumi aveva, secondo lui, compromesso. Forse, la chiave per il movente del delitto si trova in alcune delle sue ultime opere come regista e scrittore. Altre Indagini è il podcast di Stefano Nazzi che ogni due mesi racconta una delle grandi vicende della storia italiana, con gli stessi approcci e rigori applicati alla cronaca nera in Indagini. Le storie di Altre Indagini sono disponibili sul sito e sull’app del Post per le persone abbonate: un modo per ringraziarle per la loro partecipazione al progetto del Post, che fa sì che il Post possa continuare a fare il suo giornalismo in modo gratuito per tutte e tutti. Se vuoi ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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      12 min
    • Colleferro - 5-6 settembre 2020 - Prima parte
      Oct 1 2025
      Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 Willy Monteiro Duarte, ventunenne di Colleferro, a 50 chilometri da Roma, fu ucciso con calci e pugni da quattro ragazzi tra i 25 e i 22 anni. L’aggressione, a freddo, violentissima e totalmente immotivata durò meno di 40 secondi. I media parlarono il giorno successivo di rissa, di guerra tra i ragazzi di Colleferro e quelli di un paese vicino, Artena, di uno scontro prolungato. In realtà non fu così. Due degli aggressori, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, erano giunti nel luogo dove avvenne l’omicidio pochi secondi prima. Arrivarono, colpirono e se ne andarono in meno di due minuti. Gli altri due condannati, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, erano invece già presenti a Colleferro e si unirono al pestaggio. Willy Monteiro Duarte fu ucciso semplicemente perché era in quel luogo e perché si era avvicinato a un amico che in quel momento stava discutendo con uno dei quattro di Artena. I fratelli Bianchi, Pincarelli e Belleggia furono arrestati poco dopo l’aggressione. L’attenzione dei media si concentrò sui primi due, i fratelli Bianchi, esperti di arti marziali, già conosciuti in zona per altri episodi di violenza. Il processo ricostruì che cosa accadde quella notte, il ruolo di ciascuno dei quattro aggressori e soprattutto che cosa c’era all’origine di quella violenza feroce e immotivata. Si discusse molto di omicidio preterintenzionale e di omicidio volontario. Tutti e quattro gli imputati sono stati condannati per omicidio volontario ma le pene sono state diverse. Per due di loro, Marco e Gabriele Bianchi, si è svolto un nuovo processo in Corte d’appello ma solo per riformulare l’entità della pena. Ora si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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      51 min
    • Colleferro - 5-6 settembre 2020 - Seconda parte
      Oct 1 2025
      Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 Willy Monteiro Duarte, ventunenne di Colleferro, a 50 chilometri da Roma, fu ucciso con calci e pugni da quattro ragazzi tra i 25 e i 22 anni. L’aggressione, a freddo, violentissima e totalmente immotivata durò meno di 40 secondi. I media parlarono il giorno successivo di rissa, di guerra tra i ragazzi di Colleferro e quelli di un paese vicino, Artena, di uno scontro prolungato. In realtà non fu così. Due degli aggressori, i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, erano giunti nel luogo dove avvenne l’omicidio pochi secondi prima. Arrivarono, colpirono e se ne andarono in meno di due minuti. Gli altri due condannati, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, erano invece già presenti a Colleferro e si unirono al pestaggio. Willy Monteiro Duarte fu ucciso semplicemente perché era in quel luogo e perché si era avvicinato a un amico che in quel momento stava discutendo con uno dei quattro di Artena. I fratelli Bianchi, Pincarelli e Belleggia furono arrestati poco dopo l’aggressione. L’attenzione dei media si concentrò sui primi due, i fratelli Bianchi, esperti di arti marziali, già conosciuti in zona per altri episodi di violenza. Il processo ricostruì che cosa accadde quella notte, il ruolo di ciascuno dei quattro aggressori e soprattutto che cosa c’era all’origine di quella violenza feroce e immotivata. Si discusse molto di omicidio preterintenzionale e di omicidio volontario. Tutti e quattro gli imputati sono stati condannati per omicidio volontario ma le pene sono state diverse. Per due di loro, Marco e Gabriele Bianchi, si è svolto un nuovo processo in Corte d’appello ma solo per riformulare l’entità della pena. Ora si dovrà pronunciare la Corte di Cassazione. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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      57 min
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